Una pizzetta prima di tornare a casa

1. Cos’è successo?

Martedì scorso a Brescia sono stati uccisi, dentro il loro negozio, Francesco Serramondi e sua moglie Giovanna. Due persone, con i caschi integrali addosso, sono entrati dentro al negozio quando stava chiudendo, hanno sparato 4 colpi di fucile e poi sono andati via. Le modalità sono state spietate e ricordano quelle di un’esecuzione. Inizialmente è stata un’espressione usata da una parte della stampa e poi è stata ripresa dagli inquirenti, con le parole esplicite del Procuratore Dell’Osso. Prima di continuare è necessaria una piccola digressione per definire il contesto della vicenda.

I coniugi Serramondi gestivano un negozio di “dolce e salato”, che produceva dunque brioche e pizze. Tuttavia aveva una particolarità: era aperto la notte. Sono stati i primi a Brescia ad avere quest’intuizione e in cinquant’anni di attività si erano espansi, aprendo due negozi e creando un marchio (infatti si chiamava “Da Frank”). Negli anni è diventato uno dei luoghi simboli della notte bresciana. Era frequentato da tantissima gente, senza distinzione di sesso, età, nazionalità o ceto economico. Sconosciuti e famosi, in un’intervista Frank ha ricordato tra gli altri i Timoria (Omar Pedrini e Francesco Renga) e molti giocatori del Brescia Calcio. Insomma, un luogo quasi simbolico che è nel cuore di tanta gente. Frank aveva due negozi: uno dei due è a San Polo, nella periferia est della città nei pressi della Discoteca Paradiso; l’altro (dove lavorava Frank e la moglie) è alla Mandolossa. La Mandolossa è una zona all’estrema periferia ovest della città, al confine con tre comuni dell’hinterland (Roncadelle, Gussago e Castegnato. In quest’ultimo vivevano i coniugi Serramondi). E’ una zona della città dov’è presente una forte marginalità sociale, è storicamente associata alla prostituzione (in calo rispetto a qualche anno fa) e allo spaccio di stupefacenti. In particolare destava preoccupazione quest’ultima. Diverse testimonianze parlano di un’attività decisa, ai limiti dell’aggressivo, nelle quali gli spacciatori arrivano a “molestare” i frequentatori del negozio di Frank. A me personalmente non è mai capitato, ho visto magari del trambusto ma in punti più isolati della zona, ma conosco persone a cui è successo. Comunque era un disagio che Frank aveva manifestato alle f.d.o., con alcune denunce verso ignoti (è stato specificato dagli inquirenti) al fine di mettere un freno a questa situazione.

La stampa, soprattutto quella nazionale, nei due giorni successivi all’omicidio, ha associato l’omicidio alle denunce contro lo spaccio. Ciò ha scatenato un’ondata di rabbia e indignazione che si è rivolta in particolare contro gli immigrati. Coloro che porterebbero “droga, degrado e criminalità”. Su questo però tornerò. Gli inquirenti, in verità, sono sempre stati più cauti. Infatti hanno smontato quest’associazione cercando invece d’indagare a tutto campo, raccogliendo quanti più elementi possibili ed escludendo ufficialmente soltanto il movente della rapina finita male. Hanno espresso perplessità sul legame con le denunce di spaccio. Le indagini si sono rivolte sulle società riconducibili alla famiglia Serramondi e ad un episodio, successo nel recente passato. Un dipendente albanese di Frank, mentre si recava al lavoro, è stato avvicinato da alcune persone e colpito con dei colpi di pistola. Fu ferito in diverse parti del corpo, all’epoca non diede elementi utili per ricostruire la vicenda. Alla luce di quanto successo quest’altro episodio potrebbe trattarsi di un avvertimento, un preambolo. Questi ultimi elementi, insieme alle modalità dell’omicidio, hanno fatto sorgere il dubbio che dietro quest’omicidio ci possa essere la criminalità organizzata. Dunque un atto mafioso. C’è da dire che sono insinuazioni sorte nell’opinione pubblica e poi “deflagrate” sui lettori.

2. “Brescia ai Bresciani”: piccola cronistoria.

L’ondata d’indignazione è stata raccolta, quasi immediatamente, da una pagina su Facebook intitolata “Brescia ai Bresciani” la quale ha indetto, per la sera del 13 Agosto, un presidio davanti al negozio. L’iniziativa inizialmente viene supportata dal figlio delle vittime, Marco Serramondi, attraverso il suo profilo Facebook e poi, sempre sui social, cambia idea perché “non vuole strumentalizzazioni”. Lo slogan è “Basta degrado, riprendiamoci la nostra città”. La domanda sorga spontanea: chi sono e da dove vengono fuori? Non è la prima volta che si fanno notare. Il primo evento pubblico in cui compare questa sigla risale a qualche mese fa. Siamo nei giorni della protesta per i permessi di soggiorno non dati agli immigrati. Questione che era salita alla ribalta nazionale e aveva creato momenti di forte tensione tra le forze dell’ordine il Centro Sociale Magazzino 47. Tramite l’associazione “Diritti per tutti” si voleva sollevare il problema dei rigetti che molti stranieri, presenti sul territorio bresciano, avevano ricevuto in merito alla sanatoria del 2012. Furono giorni tesi in cui più volte si verificarono situazioni di confronto e scontro, anche solo verbale. Il 28 Marzo il gruppo “Brescia ai Bresciani” organizzò un corteo che si concluse in scontri con la polizia. Il focus di quell’iniziativa era “Centri sociali, associazioni e sindacati di immigrati: non permettiamo che questi individui violenti mettano a ferro e fuoco ancora una volta la nostra amata città!“. In un altro post quest’iniziativa viene associata alle Dieci Giornate, famoso episodio del Risorgimento.

Brescia ai Bresciani, 26/3/2015

Sull’immaginario c’è molto da dire e tratterò l’argomento a parte. Dopo questa prima iniziativa ne viene organizzata un’altra, in data 18 Aprile, che poi viene annullata a causa di un mancato accordo con la Questura. Nel comunicato in cui danno conto di questa decisione mettono in chiaro quali sono i loro intenti. Sottolineo alcuni passaggi, sono testuali:

non vogliamo passare per un gruppo di esagitati che si ritrova solamente per creare tensione, quando l’intento è all’opposto quello di animare, salvaguardare e difendere la città in cui viviamo e in cui volgiamo (dovrebbe trattarsi di un refuso n.d.a.) che crescano i nostri figli.

Vigileremo e lavoreremo quindi per dare la possibilità ai Bresciani che non si arrendono di scendere in piazza uniti e convinti al primo affronto che si troverà a subire la nostra città; passiamo inoltre per l’ultima volta la palla alle istituzioni competenti, affinché decidano una volta per tutte se tenere la parte di chi sta strangolando la nostra gente, oppure lasciare il campo a chi la difende

Visto poi il silenzio di questi mesi, fino ad ora, è lecito supporre che il delitto dei coniugi Serramondi sia l’affronto di cui parlavano. “Brescia ai bresciani” nasce prima come persona e poi come pagina che, al momento, ha più di 5000 “mi piace” su Facebook. Questi sono i dati. Più importanti invece sono i contenuti.

3. Apartitici e trasversali. Prima parte.

Nei loro comunicati e in occasione delle loro iniziative ribadiscono di essere “apartitici e trasversali” e di diffidare della stampa, alla quale inviano delle rettifiche, che definisce le loro iniziative organizzate da Forza Nuova. Ufficialmente loro dicono di non portare bandiere politiche ma soltanto il tricolore e le bandiere della città (sono delle bandiere in cui c’è disegnata una leonessa, simbolo della città, stilizzata) e non ci sono indicazioni esplicite rivolte al gruppo di estrema destra. Tuttavia si notano cose interessanti. In primo luogo può essere utile un raffronto tra il blog di Forza Nuova Brescia e la pagina “Brescia ai Bresciani”. Si nota che le iniziative dell’uno rimbalzano sull’altro e trovano supporto. Un esempio è il rimando al presidio di Forza Nuova svoltosi in questi giorni a Trenzano, piccolo comune della bassa, nel quale la vicenda di uno sfratto di una famiglia marocchina ha provocato momenti di tensione.

presidio forza nuova trenzano

Viene coinvolto anche il sindaco del paese, Andrea Bianchi, vicino a Forza Nuova e fortemente impegnato nella battaglia contro l’immigrazione. Quest’ultimo finisce segnalato dalla Questura in quanto, in un post sulla sua bacheca di Facebook, adotta l’hashtag #statodimerda (peraltro associato ad un altro, #antifascisti). Al contrario invece si segnala come Forza Nuova, sul suo blog, prima promuove il corteo, già citato, del 28 Marzo. Lo fa con un post e parole molto precise:

Diamo un segnale forte e deciso partecipando come cittadini bresciani, portando bandiere tricolori e di Brescia, contro le violenze dei centri sociali e le pretese degli immigrati, in quella che è e deve restare la nostra città! Sull’evento seguiranno info sul ritrovo. ‪#‎RIPRENDIAMOCIBRESCIA‬

e successivamente presenta un comunicato in cui aderisce all’iniziativa. Colpisce anche un altro post, datato 20 giugno, in cui replicano ai provvedimenti delle f.d.o. dopo gli scontri del 28 Marzo. Colpisce soprattutto una frase: “Gli 11 fascicoli aperti riguardano alcuni militanti di Forza Nuova e organizzatori del presidio […]“. La frase non è chiara e si presta a due interpretazioni:

1) i fascicoli aperti riguardano alcuni militanti di Forza Nuova e ad altre persone, organizzatori del presidio;
2) i fascicoli aperti riguardano alcuni militanti di Forza Nuova che hanno organizzato il presidio.
Fosse valida la seconda ipotesi sarebbe quasi provata l’equazione “Brescia ai Bresciani”=Forza Nuova. Fosse valida la prima ipotesi il ragionamento sarebbe leggermente diverso. A che titolo Forza Nuova difende persone che non ne fanno parte? Probabilmente vicinanza ideologica, visto che hanno condiviso piazza e motivazioni. Quel che è certo è che “Brescia ai Bresciani” condivide questo commento e lo fa proprio, senza filtrarlo.
Restando a Facebook si trovano decine di locandine, comunicati e iniziative di Forza Nuova condivise sulla bacheca di “Brescia ai Bresciani”. C’è da dire che non vengono condivise tutte, soltanto quelle che hanno come tema centrale gli stranieri e l’immigrazione. Non troveremo mai scritto “siamo una piattaforma di Forza Nuova” ma certamente le iniziative a firma dell’uno vengono nello stesso lasso di tempo sostenute dall’altro. Fossero un diagramma di Eulero-Venn, la raffigurazione grafica degli insiemi, avremmo due cerchi con una buona porzione in comune. Sarebbe possibile anche aggiungere un terzo “cerchio”, quello di “Brescia Identitaria” (alcuni ragazzi al corteo di giovedì scorso avevano magliette di questo gruppo). E’ un’associazione che promuove alcune occasioni di dibattito e confronto, ad esempio nel gennaio scorso è stata organizzata una conferenza alla presenza di Gabriele Adinolfi (fondatore di Terza Posizione e figura di riferimento nella galassia dell’estrema destra) e di un uomo legato ad Alba Dorata. Alcune iniziative di “Brescia Identitaria”, a livello social e di blog, vengono amplificate da Forza Nuova, “Brescia ai Bresciani” (con il “mi piace”) e Lotta Studentesca Brescia, organo giovanile di Forza Nuova.
lotta studentesca 22:1
Si ripete lo schema di prima: ufficialmente tutte queste piattaforme sono separate tra di loro ma le triangolazioni, le parole usate, il supporto social dimostrano come abbiano molto in comune e l’essere “apartitici” è soltanto apparente. Inoltre è possibile notare che abbiano in comune molti dei partecipanti. Infatti chi troviamo in prima linea nelle iniziative di “Brescia ai Bresciani” sono poi attivi nelle altre organizzazioni citate.
4. Apartitici e trasversali. Seconda parte.
Stanno festeggiando la guerra. Non stanno commemorando, cioè ricordando insieme, un evento storico con tutte le sue lacerazioni per capire meglio com’è potuto succedere. No, si sta ripetendo a distanza di cent’anni più o meno la stessa retorica patriottarda che servì a giustificare una carneficina (Wu Ming 1)

La prima parte ha riguardato il lato “apartitico” di “Brescia ai Bresciani”. La seconda parte riguarda la trasversalità. Per capirla bisogna scavare nel modo di concepire la società e nell’immaginario evocato all’interno della pagina. Nel primo caso porto un esempio legato alla Prima Guerra Mondiale. In queste settimane è uscito, scritto da Wu Ming 1, il consigliato “Cent’anni a Nord Est”. La frase citata è presa da una recente presentazione del libro, svoltasi a Trieste. Alcuni elementi citati nel libro, come la retorica della guerra e l’esaltazione di figure come quella di Vladimir Putin, sono riscontrabili tra i post condivisi da “Brescia ai Bresciani”. Partiamo dalla guerra:

Prima Guerra Mussolini
La foto si riferisce ad un post pubblicato il 24 Maggio, nell’anniversario dell’entrata in guerra. Ciò che colpisce è la citazione usata. E cioè l’editoriale di Benito Mussolini, uscito sul “Il Popolo d’Italia” di cui era fondatore e direttore. Non certo una scelta felice per chi si definisce trasversale. Non è solo esaltazione di un conflitto nel quale è stato difeso il “suolo patrio” contro il “barbaro invasore” ma è la guerra, vista come sacrificio necessario per rendere migliore il mondo, ad essere celebrata:
La guerra "sorregge" il mondo
Un paesaggio bello, suggestivo, da cartolina, sorretto da soldati. Chi armato, chi semplicemente nell’atto di tenere in piedi il mondo, chi morto. E sotto un lago di sangue. Un’immagine dal forte valore simbolico, nella quale si dice che ciò di cui godiamo tutti i giorni si regge sulla guerra, sul sangue dei morti. Riguardo alla figura di Putin presento questo post, un piccolo esempio.
Bel Vladimir
Qui siamo ad una visione, sociale, condivisibile o meno. La citazione di Mussolini invece apre alla strada all’aspetto decisivo: quale concezione della storia e della società c’è dietro? In tal senso ci aiuta il libro di uno storico della Casa della Memoria di Brescia, Francesco Germinario. In “Tradizione Mito Storia” (Carocci editore) analizza la “cultura di destra” ed i suoi teorici. Germinario nel suo volume ci spiega che nella destra radicale italiana esiste un rifiuto a “lasciarsi collocare lungo la divisione assiale destra-sinistra” (aspetto fortemente presente nella politica di oggi, non solo negli ambienti neofascisti). Rifiuto che si lega al rapporto tra Tradizione e Storia, in questo caso intesi con la maiuscola. Tra i due esiste un conflitto che, secondo Germinario, si colloca dopo il 1945 e quindi con la sconfitta del nazi-fascismo. In quel momento il divenire storico diventa qualcosa di problematico, da rifiutare perché mutevole e conflittuale (“il radicalismo di destra aveva ereditato dei regimi totalitari di riferimento l’orrore della contrapposizione […] in nome di un’idea di società in cui conflitti, contrapposizioni e divisioni erano banditi, perché reputati dannosi per il buon funzionamento di tutto il sistema sociale”), in favore della Tradizione, un concetto metastorico. Dunque fuori dal tempo, “luogo metastorico della fermezza dei principi a fronte della perenne mutabilità della storia”. Il principale teorizzatore di quest’idea fu Julius Evola, intellettuale e figura di riferimento di certo neofascismo italiano (interessante notare che nel dicembre scorso “Brescia Identitaria” gli ha dedicato un convegno). Per capire Evola, le sue idee ed il suo rifiuto della storia, bisogna passare ad un altro autore, Furio Jesi. Egli, in “Cultura di destra”, oltre a criticare Evola offre una definizione della cultura di destra:
la cultura entro la quale il passato è una sorta di pappa omogeneizzata che si può modellare e mantenere in forma nel modo più utile. La cultura in cui prevale una religione della morte o anche una religione dei morti esemplari. La cultura in cui si dichiara che esistono valori non discutibili, indicati da parole con l’iniziale maiuscola
Il collegamento è presto fatto. Nella cultura di destra, come la intende Jesi, i simboli sono slegati dal divenire storico (il “simbolo riposante in se stesso” di Bachofen o le “idee senza parole” di Spengler) e quindi le possibili associazioni possono essere infinite. Nella pagina di “Brescia ai Bresciani” troviamo tutti gli elementi della “cultura di destra” come la intende Jesi. La religione della morte (vedi sopra, esaltazione della guerra), la storia “pappa omogeneizzata” modellata nel modo più utile e i valori indicati da parole con l’iniziale maiuscola. In questo caso la “Brescianità”.
Bigio Bresciano Nuovo
5. Il corteo di giovedì. Una testimonianza diretta
Eccomi a giovedì sera. Quando arrivo davanti al negozio di Frank della Mandolossa il piazzale è semivuoto, sono le 20:30. Le poche persone che ci sono aspettano l’inizio, restando a distanza, oppure si fermano davanti alla vetrina e osservano in silenzio. Nel frattempo la troupe di SkyTG24 va in diretta e spiega cosa succederà di lì a poco. Nel giro di pochi minuti il piazzale si popola di persone. Nel frattempo le TV cominciano ad andare “a caccia” di persone, di testimonianze ed opinioni. Riesco ad ascoltare l’intervista di una signora, sulla sessantina. Si lascia intervistare volentieri, con altre persone i giornalisti faranno molta più fatica. Alle telecamere di Sky dice di abitare nella zona. Racconta i disagi di cui vive, la presenza di prostituzione e spaccio. Usa parole molto forti, dice che non si può vivere “per colpa loro”. E poi si sfoga:
Noi ci facciamo un culo così, ci spezziamo la schiena e poi arrivano questi che fanno quello che vogliono. Non è possibile! Renzi deve andare a casa, lui e la sua ciurmaglia. Non l’ha votato nessuno qua!
C’è rabbia e frustazione in quanto dice. Lì per lì lo vivo come un momento estemporaneo. Dopo pochi minuti si comincia. Compaiono tricolori, bandiere con una leonessa stilizzata (“le bandiere di Brescia”) e tre striscioni:
Brescia ai bresciani. Italia agli italiani
Basta degrado. Riprendiamoci Brescia
Droga degrado criminalità stanno distruggendo la città
Nell’ultimo le parole “degrado” e “città” sono riportate in rosso. Una parte del pubblico presente applaude, il resto resta a guardare. Poi ci si pone tutti davanti al negozio di Frank. C’è un momento di raccoglimento ed un lungo applauso. A quel punto comincia il corteo. Gli organizzatori cercano di organizzarlo, indicando la disposizione dei ragazzi con le bandiere e di quelli con le torcie. Inizialmente non sono molto seguiti, poi dopo qualche coro il resto delle persone si accoda. In quegli stessi momenti viene spiegato l’andamento della manifestazione: ci sarà un corteo che farà il giro dell’isolato, per poi tornare indietro davanti al negozio. In fondo a tutti resta un gruppo sparuto, una decina di persone con uno striscione “è tempo di reagire”. Lo riporto con il beneficio d’inventario ma mi viene detto che sono i militanti di CasaPound Brescia. Non ho riscontri in merito ma su un dato possiamo essere sicuri: la loro adesione alla manifestazione, visto che l’hanno comunicato ufficialmente sui social
Casa Pound Frank
Prima di riprendere la cronaca vorrei concentrarmi sui numeri. Quanta gente c’era? Gli organizzatori hanno detto più di mille. I giornali locali sono andati dai 300 del “Corriere-Brescia” ai 600 del “BresciaOggi”. Io in diretta su Twitter avevo scritto un migliaio. Rivedendo le immagini e le fotografie forse ho esagerato, purtroppo a fare questi conti a occhio non sono molto bravo. Facendo una media si può indicare in 600-700 persone come un numero plausibile. Questo è importante, almeno per definire la portata numerica e capire anche quanti erano “attivi” e quanti erano lì ma non hanno “partecipato”.
Nel frattempo il corteo comincia a muoversi per Via Vallecamonica, la via principale della Mandolossa. A quel punto partono, oltre ai “cori manifesto”, una serie d’insulti che nella sera raggiungeranno diverse categorie. C’è da dire che non tutti li canteranno. Quelli più generici avranno un maggior numero di persone a cantarli, alcuni cori mirati vengono letteralmente ignorati dal resto dei partecipanti. I primi della lista, particolarmente bersagliati, sono i Carabinieri. Per quantitativo di cori, insulti singoli ed altro l’Arma si contende la palma del più insultato insieme al sindaco di Brescia Del Bono. Tra un coro e l’altro alcune persone, dalla testa, prendono la parola. Dalle loro parole si evince che il duplice omicidio è solo un pretesto. Parlano di città da riprendersi, invase dagli stranieri e dagli immigrati che devono essere fermati ad ogni costo. Denunciano l’assenza dello Stato, ad un certo punto partirà un’invettiva contro il Ministro Alfano, e soprattutto si rivolgono “al resto d’Italia”. Con un messaggio emblematico:
Ci sono le TV nazionali, ci sta vedendo tutt’Italia. Facciamo vedere a tutti che ci siamo svegliati. Quello che sta succedendo stasera a Brescia deve accadere tutti i giorni, in tutto il paese. Dobbiamo fare sempre così!
Quest’aspetto è interessante, il richiamo ad altre città. Anche qui ci viene incontro il blog di Forza Nuova. Dopo gli episodi di Quinto di Treviso e Roma compare un commento nel quale si dice che quegli episodi hanno “origine” nel corteo del 28 Marzo, occasione in cui è stato lanciato un segnale. Riporto la parte finale (condivisa anche da “Brescia ai Bresciani”):
La migliore gioventù d’Italia ha dimostrato in questi giorni che non tutti sono disposti ad accettare passivamente la rovina della nostra Nazione, e che l’azione è necessaria, e doverosa, dove non arriva il “dialogo”.
Brescia mesi fa ha lanciato il segnale, qualcosa si sta muovendo.
Siate pronti.
Il tono è forte, sembra quello di una chiamata alle armi. Giovedì è stata ribadita con molta più forza. Dopo questa piccola digressione torno alla cronaca. Il corteo riprende bersagliando il sindaco Del Bono, responsabile della presunta insicurezza della città. Di aver trasformato la città in un luogo dove proliferano violenza, degrado e criminalità. In questo momento il ricordo di Frank è ormai sullo sfondo. In un preciso momento scompare proprio. Succede che dal pubblico qualcuno urla “Viva Frank” ma viene ignorato, si canta tutt’altro: “Siamo bresciani!” e “Dalle valli alla bassa/siam venuti fin qua/riprendiamo la nostra città”. Nel corso della serata succederà per tre volte. Si ha l’impressione di un corteo spaccato in due: una metà che lo segue e approva i contenuti, l’altra che sfila in silenzio tra perplessità e disinteresse. Arrivato quasi alla fine dell’isolato si ferma. In quel punto c’è una rotonda che porta al Villaggio Badia, un quartiere residenziale. Oltre la rotonda, in direzione della stazione, sono posizionate le camionette della Polizia ed alcuni agenti in assetto anti-sommossa. Restano lì, fermi a guardare ad una distanza di 300 metri. Si forma un assembramento circolare, una parte dei manifestanti resta intorno a guardare. Altre persone riprendono la parola. Viene detto che non è importante chi ha ucciso Frank e la moglie ma il contesto in cui lavoravano. La colpa è delle istituzioni che avrebbero abbandonato la gente, lasciandola in balia di stranieri ed immigrati. Dicono di volersi fare giustizia da soli. Non tutti applaudono, qualcuno scuote la testa mentre altri esultano ai proclami fatti. Viene ringraziata pubblicamente la Curva Nord Brescia, presente in molti dei suoi rappresentanti (su questo tema dopo c’è un capitolo a parte), e parte il coro “Madonnina dei riccioli d’oro”, grande classico della tifoseria delle Rondinelle.
A questo punto succede un fatto interessante: due persone prendono la parola. Sono un uomo e una donna. Non vengono presentati (in realtà nessuno degli interventi viene anticipato dalla presentazione degli oratori), nel trambusto sembra di capire che sono parenti ma non è stato confermato. E’ la donna a dire le cose più importanti:
In questa zona nessuno ci ascolta. Ci sentiamo soli, abbandonati. Dobbiamo farci sentire tutti i giorni!
Le parole colpiscono nel segno, la manifestazione riprende vita. Si alternano momenti in cui si ricorda ed applaudono le vittime, in maniera raccolta ed accorata, ed altri in cui compaiono altri bersagli. Partono cori ancora contro Del Bono, gli stranieri, i preti che “accolgono i clandestini” (qualcuno dal pubblico se la prende direttamente con Mons. Monari, vescovo della città), il Ministro Alfano e contro Umberto Gobbi. Il canto contro il responsabile del Magazzino 47 sorprende tutti, pare un gesto completamente estemporaneo (non si ripeterà più, chi lo ha cantato infatti è un numero sparuto). Il giorno dopo, con un lungo post su Facebook, Gobbi ha replicato. Viene cantato anche l’inno di Mameli. La manifestazione sembra ormai avviarsi verso la fine quando si vive un attimo di confusione. Durante il corteo dal pubblico sono partiti proclami minacciosi, con l’intenzione di recarsi a Via Milano e in stazione (zoni distanti un paio di km a piedi, popolate principalmente da stranieri). Nel momento in cui vengono srotolati alcuni striscioni e gli organizzatori invitano la gente a tornare indietro qualcuno rinnova l’invito “andiamo in stazione!” e con passo spedito va in quella direzione. Percorre circa 100 metri quando vengono fermati dagli altri, si vivono momenti di confusione. C’è la sensazione che la situazione possa generare. In quel momento gli agenti sono a distanza, nel punto in cui sono sempre stati. Segnalo un commento social sulla pagina del “Giornale di Brescia”, nel quale viene riportata tutt’altra storia.
Badia
Gli agenti non hanno bloccato nulla. Sono rimasti a vigilare tutta sera, a distanza. In tutta questa situazione il corteo si è ormai sciolto. Qualcuno è già andato via, altri restano a guardare la scena con noia e disinteresse. E’ un momento che non li riguarda. Senza dirlo ufficialmente ma il presidio si scoglie. Ognuno torna a casa. Una parte delle persone, non si vedono più né striscioni né bandiere, si ferma davanti al negozio di Frank. Il silenzio è quasi irreale, composto. Qualcuno rivolge una preghiera. Poi un ragazzo chiede un applauso: il pubblico lo segue. E’ un momento toccante e spontaneo. Subito dopo torna il silenzio composto di prima. Qualcuno prima di andarsene fa il segno della croce. La serata è finita, tutti a casa. Anche a commentare in rete l’iniziativa. Qui una piccola cernita.
RuspeOlio di ricinoTroppo buoniBasta immigratiNostra Brixia
6. Special guest star.
Come mai erano presenti molti ultrà del Brescia, in particolar modo membri del direttivo della “Curva Nord Brescia”? E’ una domanda alla quale, al momento, non c’è una risposta precisa. Cerco invece di mettere in fila tali eventi. C’è da dire che ufficialmente la “Curva Nord Brescia” non si è espressa in merito, quindi non c’è un’adesione da parte del gruppo. C’è, tuttavia, un’adesione personale da parte di figure di primo piano della Curva. Segnalo quella di Enzo Ghidesi, il quale sull’evento Facebook creato da “Brescia ai Bresciani” scrive che ci sarà
Il profilo è a nome "Enzo Brescia"

Il profilo è a nome “Enzo Brescia”

Al corteo accanto a Ghidesi vengono riconosciute altre figure di primo piano della “Curva Nord Brescia”. E non stanno in disparte, anzi. Si muovono in prima fila, cantano buona parte dei cori. E gli organizzatori più volte li chiamano in causa, provano a coinvolgerli. Ghidesi, ad un certo punto, diventa protagonista del corteo. Quando una donna conclude il suo discorso dicendo “dobbiamo farci sentire tutti i giorni” lui risponde con un emblematico “Lo faremo”. La domanda è legittima: con quel plurale chi intendeva? Parlava soltanto per se stesso od anche per il gruppo di cui è uno dei portavoce? La vicenda può far sorgere dubbi, ambivalenze ed essere strumentalizzata. Personalmente ritengo che debba essere chiarita dai diretti interessati. Certamente “Brescia ai Bresciani” approva alcuni proclami provenienti dal mondo del tifo organizzato (lo striscione risale a qualche anno fa, oggi il “Brixia” non esiste più ed è confluito nella “Curva Nord Brescia”).

A buon intenditor...

7. L’altro presidio.

Nelle stesse ore in cui c’è il corteo di “Brescia ai Bresciani” la Rete Antimafia di Brescia decide di organizzare un presidio per il giorno dopo. Scrive un comunicato stampa, poi diffuso dai giornalisti. L’iniziativa è per la sera successiva. Nel loro comunicato si concentrano sulle modalità, riportando le parole fino ad allora usate dal Procuratore Dall’Osso, e ricordano come la città sia infiltrata dalle mafie. Le ultime righe del comunicato spiegano il perché dell’iniziativa:

Sentiamo il bisogno di parlare di mafia, di far capire che nel nostro territorio è presente ed è forte, che bisogna cominciare a rendersene conto ed a reagire […] Non per lanciare accuse, non per strumentalizzare la vicenda, ma per dare un segnale forte alla città ed a tutti coloro che sono vittime della criminalità organizzata e che in questi giorni, forse, si sentono un po’ meno sicuri.

In questi giorni ho fatto quache domanda ad uno dei responsabili, cercando di capire com’è andata l’iniziativa, qual è stato il ritorno mediatico e la situazione attuale in merito alla presenza della criminalità organizzata sul territorio. Mi ha raccontato che i partecipanti sono stati un centinaio, data la tempistica (è stato organizzato in poco più di 24 ore e alla vigilia del Ferragosto) sono soddisfatti del risultato. Erano presenti tanti giovani, ragazzi mai visti nelle iniziative passate. Inoltre è stata un’occasione nella quale sono stati fatti interventi costruttivi. I quotidiani locali si sono interessati ed hanno scritto alcuni articoli in merito, assenti invece le televisioni (Sulla pagina Facebook della “Rete Antimafia Provincia di Brescia” si possono vedere gli articoli: sono trafiletti, rispetto al corteo del giorno prima lo spazio dedicato è stato minore n.d.a.). Lo scopo della vicenda, oltre alla sensibilizzazione sul tema “Mafie a Brescia”, è stato il seguente:

il nostro obbiettivo era cercare di far capire che a Brescia c’è un problema molto più grosso degli extracomunitari, della droga e della prostituzione. Non è normale che in una città così fortemente infiltrata dalla mafia dopo un episodio del genere si pensi che il problema sono gli spacciatori…

Sulle infiltrazioni criminali il dato di questi ultimi anni è ambivalente: da una parte sono emersi nuovi episodi e storie che confermano la cosa, dall’altra è cresciuta l’attenzione e anche nelle scuole si comincia a parlarne. La preoccupazione è forte ma, da parte della Rete, ci sono motivi per sperare in una nuova consapevolezza.

8. L’arresto.

Nella tarda serata di ieri arriva la notizia dell’arresto di due persone, un indiano e un pachistano. L’arresto è stato eseguito nella bergamasca, dove vivevano. Fino a quel momento le notizie non sono molto chiare, in quanto gli inquirenti hanno seguito le tracce trovate lavorando in silenzio e senza far trapelare nulla. Sorprende l’edizione online del “Giornale di Brescia” che prima li indica come assassini e poi ne scrive un altro, in cui parla di presunti assassini.

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Nella conferenza stampa del mattino gli inquirenti chiariscono la situazione e lo stato delle indagini. Spiegano che i due arrestati, durante l’interrogatorio, hanno confessato il duplice omicidio. I due erano legati alle vittime in quanto avevano acquistato dai Serramondi il vecchio negozio che avevano alla Mandolossa, poi qualche anno dopo i coniugi ne hanno aperto un altro proprio di fronte al precedente. E’ stata rintracciata sia l’arma del delitto, abbandonata in un fosso, sia il motorino usato, di proprietà di uno degli arrestati. Inoltre sarebbero gli autori anche del tentato omicidio del dipendente albanese. Le indagini si concentreranno soprattutto sul movente, ancora tutto da chiarire. La Procura esclude legami con la criminalità organizzata. La notizia ha scatenato una ridda di commenti sui social, ecco una piccola cernita:

Benito subito!Via MilanoTutti a casaManco vanno in galera

Liberate i Maro'

Quest’ultimo è curioso e l’ho separato dagli altri. Non è l’unico di questo tipo. M’incuriosisce il tipo di associazione, dettata probabilmente dalla nazionalità (la vicenda di Latorre e Girone si svolge in India, uno dei due rei confessi è indiano). E’ strano mettere insieme due episodi, completamente diversi e distanti tra loro, per un’associazione così labile

9. Conclusioni.

Alla fine di questo lungo ragionamento il bilancio che faccio è molto semplice. Sono morte due persone, protagoniste di un piccolo pezzo di storia della città. Conosciute e amate. Lavoravano in una zona con le sue difficoltà, i suoi problemi ma non certo il luogo mostruoso che hanno descritto in questi giorni. Quest’omicidio è stato il pretesto per portare avanti altre istanze, violente e xenofobe. Istanze che basano la loro forza sulla paura, sentimento legittimo che è parte della natura umana, e diventano altro. Vien da chiedersi se questo clima, visibile sul web come per strada, possa esplodere e trasformarsi in qualcosa di più pericoloso. Qualche segnale c’è.