1. Cos’è successo?
Martedì scorso a Brescia sono stati uccisi, dentro il loro negozio, Francesco Serramondi e sua moglie Giovanna. Due persone, con i caschi integrali addosso, sono entrati dentro al negozio quando stava chiudendo, hanno sparato 4 colpi di fucile e poi sono andati via. Le modalità sono state spietate e ricordano quelle di un’esecuzione. Inizialmente è stata un’espressione usata da una parte della stampa e poi è stata ripresa dagli inquirenti, con le parole esplicite del Procuratore Dell’Osso. Prima di continuare è necessaria una piccola digressione per definire il contesto della vicenda.
I coniugi Serramondi gestivano un negozio di “dolce e salato”, che produceva dunque brioche e pizze. Tuttavia aveva una particolarità: era aperto la notte. Sono stati i primi a Brescia ad avere quest’intuizione e in cinquant’anni di attività si erano espansi, aprendo due negozi e creando un marchio (infatti si chiamava “Da Frank”). Negli anni è diventato uno dei luoghi simboli della notte bresciana. Era frequentato da tantissima gente, senza distinzione di sesso, età, nazionalità o ceto economico. Sconosciuti e famosi, in un’intervista Frank ha ricordato tra gli altri i Timoria (Omar Pedrini e Francesco Renga) e molti giocatori del Brescia Calcio. Insomma, un luogo quasi simbolico che è nel cuore di tanta gente. Frank aveva due negozi: uno dei due è a San Polo, nella periferia est della città nei pressi della Discoteca Paradiso; l’altro (dove lavorava Frank e la moglie) è alla Mandolossa. La Mandolossa è una zona all’estrema periferia ovest della città, al confine con tre comuni dell’hinterland (Roncadelle, Gussago e Castegnato. In quest’ultimo vivevano i coniugi Serramondi). E’ una zona della città dov’è presente una forte marginalità sociale, è storicamente associata alla prostituzione (in calo rispetto a qualche anno fa) e allo spaccio di stupefacenti. In particolare destava preoccupazione quest’ultima. Diverse testimonianze parlano di un’attività decisa, ai limiti dell’aggressivo, nelle quali gli spacciatori arrivano a “molestare” i frequentatori del negozio di Frank. A me personalmente non è mai capitato, ho visto magari del trambusto ma in punti più isolati della zona, ma conosco persone a cui è successo. Comunque era un disagio che Frank aveva manifestato alle f.d.o., con alcune denunce verso ignoti (è stato specificato dagli inquirenti) al fine di mettere un freno a questa situazione.
La stampa, soprattutto quella nazionale, nei due giorni successivi all’omicidio, ha associato l’omicidio alle denunce contro lo spaccio. Ciò ha scatenato un’ondata di rabbia e indignazione che si è rivolta in particolare contro gli immigrati. Coloro che porterebbero “droga, degrado e criminalità”. Su questo però tornerò. Gli inquirenti, in verità, sono sempre stati più cauti. Infatti hanno smontato quest’associazione cercando invece d’indagare a tutto campo, raccogliendo quanti più elementi possibili ed escludendo ufficialmente soltanto il movente della rapina finita male. Hanno espresso perplessità sul legame con le denunce di spaccio. Le indagini si sono rivolte sulle società riconducibili alla famiglia Serramondi e ad un episodio, successo nel recente passato. Un dipendente albanese di Frank, mentre si recava al lavoro, è stato avvicinato da alcune persone e colpito con dei colpi di pistola. Fu ferito in diverse parti del corpo, all’epoca non diede elementi utili per ricostruire la vicenda. Alla luce di quanto successo quest’altro episodio potrebbe trattarsi di un avvertimento, un preambolo. Questi ultimi elementi, insieme alle modalità dell’omicidio, hanno fatto sorgere il dubbio che dietro quest’omicidio ci possa essere la criminalità organizzata. Dunque un atto mafioso. C’è da dire che sono insinuazioni sorte nell’opinione pubblica e poi “deflagrate” sui lettori.
2. “Brescia ai Bresciani”: piccola cronistoria.
L’ondata d’indignazione è stata raccolta, quasi immediatamente, da una pagina su Facebook intitolata “Brescia ai Bresciani” la quale ha indetto, per la sera del 13 Agosto, un presidio davanti al negozio. L’iniziativa inizialmente viene supportata dal figlio delle vittime, Marco Serramondi, attraverso il suo profilo Facebook e poi, sempre sui social, cambia idea perché “non vuole strumentalizzazioni”. Lo slogan è “Basta degrado, riprendiamoci la nostra città”. La domanda sorga spontanea: chi sono e da dove vengono fuori? Non è la prima volta che si fanno notare. Il primo evento pubblico in cui compare questa sigla risale a qualche mese fa. Siamo nei giorni della protesta per i permessi di soggiorno non dati agli immigrati. Questione che era salita alla ribalta nazionale e aveva creato momenti di forte tensione tra le forze dell’ordine il Centro Sociale Magazzino 47. Tramite l’associazione “Diritti per tutti” si voleva sollevare il problema dei rigetti che molti stranieri, presenti sul territorio bresciano, avevano ricevuto in merito alla sanatoria del 2012. Furono giorni tesi in cui più volte si verificarono situazioni di confronto e scontro, anche solo verbale. Il 28 Marzo il gruppo “Brescia ai Bresciani” organizzò un corteo che si concluse in scontri con la polizia. Il focus di quell’iniziativa era “Centri sociali, associazioni e sindacati di immigrati: non permettiamo che questi individui violenti mettano a ferro e fuoco ancora una volta la nostra amata città!“. In un altro post quest’iniziativa viene associata alle Dieci Giornate, famoso episodio del Risorgimento.
Sull’immaginario c’è molto da dire e tratterò l’argomento a parte. Dopo questa prima iniziativa ne viene organizzata un’altra, in data 18 Aprile, che poi viene annullata a causa di un mancato accordo con la Questura. Nel comunicato in cui danno conto di questa decisione mettono in chiaro quali sono i loro intenti. Sottolineo alcuni passaggi, sono testuali:
non vogliamo passare per un gruppo di esagitati che si ritrova solamente per creare tensione, quando l’intento è all’opposto quello di animare, salvaguardare e difendere la città in cui viviamo e in cui volgiamo (dovrebbe trattarsi di un refuso n.d.a.) che crescano i nostri figli.
Vigileremo e lavoreremo quindi per dare la possibilità ai Bresciani che non si arrendono di scendere in piazza uniti e convinti al primo affronto che si troverà a subire la nostra città; passiamo inoltre per l’ultima volta la palla alle istituzioni competenti, affinché decidano una volta per tutte se tenere la parte di chi sta strangolando la nostra gente, oppure lasciare il campo a chi la difende
Visto poi il silenzio di questi mesi, fino ad ora, è lecito supporre che il delitto dei coniugi Serramondi sia l’affronto di cui parlavano. “Brescia ai bresciani” nasce prima come persona e poi come pagina che, al momento, ha più di 5000 “mi piace” su Facebook. Questi sono i dati. Più importanti invece sono i contenuti.
3. Apartitici e trasversali. Prima parte.
Nei loro comunicati e in occasione delle loro iniziative ribadiscono di essere “apartitici e trasversali” e di diffidare della stampa, alla quale inviano delle rettifiche, che definisce le loro iniziative organizzate da Forza Nuova. Ufficialmente loro dicono di non portare bandiere politiche ma soltanto il tricolore e le bandiere della città (sono delle bandiere in cui c’è disegnata una leonessa, simbolo della città, stilizzata) e non ci sono indicazioni esplicite rivolte al gruppo di estrema destra. Tuttavia si notano cose interessanti. In primo luogo può essere utile un raffronto tra il blog di Forza Nuova Brescia e la pagina “Brescia ai Bresciani”. Si nota che le iniziative dell’uno rimbalzano sull’altro e trovano supporto. Un esempio è il rimando al presidio di Forza Nuova svoltosi in questi giorni a Trenzano, piccolo comune della bassa, nel quale la vicenda di uno sfratto di una famiglia marocchina ha provocato momenti di tensione.
Viene coinvolto anche il sindaco del paese, Andrea Bianchi, vicino a Forza Nuova e fortemente impegnato nella battaglia contro l’immigrazione. Quest’ultimo finisce segnalato dalla Questura in quanto, in un post sulla sua bacheca di Facebook, adotta l’hashtag #statodimerda (peraltro associato ad un altro, #antifascisti). Al contrario invece si segnala come Forza Nuova, sul suo blog, prima promuove il corteo, già citato, del 28 Marzo. Lo fa con un post e parole molto precise:
Diamo un segnale forte e deciso partecipando come cittadini bresciani, portando bandiere tricolori e di Brescia, contro le violenze dei centri sociali e le pretese degli immigrati, in quella che è e deve restare la nostra città! Sull’evento seguiranno info sul ritrovo. #RIPRENDIAMOCIBRESCIA
e successivamente presenta un comunicato in cui aderisce all’iniziativa. Colpisce anche un altro post, datato 20 giugno, in cui replicano ai provvedimenti delle f.d.o. dopo gli scontri del 28 Marzo. Colpisce soprattutto una frase: “Gli 11 fascicoli aperti riguardano alcuni militanti di Forza Nuova e organizzatori del presidio […]“. La frase non è chiara e si presta a due interpretazioni:
Stanno festeggiando la guerra. Non stanno commemorando, cioè ricordando insieme, un evento storico con tutte le sue lacerazioni per capire meglio com’è potuto succedere. No, si sta ripetendo a distanza di cent’anni più o meno la stessa retorica patriottarda che servì a giustificare una carneficina (Wu Ming 1)
La prima parte ha riguardato il lato “apartitico” di “Brescia ai Bresciani”. La seconda parte riguarda la trasversalità. Per capirla bisogna scavare nel modo di concepire la società e nell’immaginario evocato all’interno della pagina. Nel primo caso porto un esempio legato alla Prima Guerra Mondiale. In queste settimane è uscito, scritto da Wu Ming 1, il consigliato “Cent’anni a Nord Est”. La frase citata è presa da una recente presentazione del libro, svoltasi a Trieste. Alcuni elementi citati nel libro, come la retorica della guerra e l’esaltazione di figure come quella di Vladimir Putin, sono riscontrabili tra i post condivisi da “Brescia ai Bresciani”. Partiamo dalla guerra:
la cultura entro la quale il passato è una sorta di pappa omogeneizzata che si può modellare e mantenere in forma nel modo più utile. La cultura in cui prevale una religione della morte o anche una religione dei morti esemplari. La cultura in cui si dichiara che esistono valori non discutibili, indicati da parole con l’iniziale maiuscola
Noi ci facciamo un culo così, ci spezziamo la schiena e poi arrivano questi che fanno quello che vogliono. Non è possibile! Renzi deve andare a casa, lui e la sua ciurmaglia. Non l’ha votato nessuno qua!
Brescia ai bresciani. Italia agli italianiBasta degrado. Riprendiamoci BresciaDroga degrado criminalità stanno distruggendo la città
Ci sono le TV nazionali, ci sta vedendo tutt’Italia. Facciamo vedere a tutti che ci siamo svegliati. Quello che sta succedendo stasera a Brescia deve accadere tutti i giorni, in tutto il paese. Dobbiamo fare sempre così!
La migliore gioventù d’Italia ha dimostrato in questi giorni che non tutti sono disposti ad accettare passivamente la rovina della nostra Nazione, e che l’azione è necessaria, e doverosa, dove non arriva il “dialogo”.
Brescia mesi fa ha lanciato il segnale, qualcosa si sta muovendo.
Siate pronti.
In questa zona nessuno ci ascolta. Ci sentiamo soli, abbandonati. Dobbiamo farci sentire tutti i giorni!
Al corteo accanto a Ghidesi vengono riconosciute altre figure di primo piano della “Curva Nord Brescia”. E non stanno in disparte, anzi. Si muovono in prima fila, cantano buona parte dei cori. E gli organizzatori più volte li chiamano in causa, provano a coinvolgerli. Ghidesi, ad un certo punto, diventa protagonista del corteo. Quando una donna conclude il suo discorso dicendo “dobbiamo farci sentire tutti i giorni” lui risponde con un emblematico “Lo faremo”. La domanda è legittima: con quel plurale chi intendeva? Parlava soltanto per se stesso od anche per il gruppo di cui è uno dei portavoce? La vicenda può far sorgere dubbi, ambivalenze ed essere strumentalizzata. Personalmente ritengo che debba essere chiarita dai diretti interessati. Certamente “Brescia ai Bresciani” approva alcuni proclami provenienti dal mondo del tifo organizzato (lo striscione risale a qualche anno fa, oggi il “Brixia” non esiste più ed è confluito nella “Curva Nord Brescia”).
7. L’altro presidio.
Nelle stesse ore in cui c’è il corteo di “Brescia ai Bresciani” la Rete Antimafia di Brescia decide di organizzare un presidio per il giorno dopo. Scrive un comunicato stampa, poi diffuso dai giornalisti. L’iniziativa è per la sera successiva. Nel loro comunicato si concentrano sulle modalità, riportando le parole fino ad allora usate dal Procuratore Dall’Osso, e ricordano come la città sia infiltrata dalle mafie. Le ultime righe del comunicato spiegano il perché dell’iniziativa:
Sentiamo il bisogno di parlare di mafia, di far capire che nel nostro territorio è presente ed è forte, che bisogna cominciare a rendersene conto ed a reagire […] Non per lanciare accuse, non per strumentalizzare la vicenda, ma per dare un segnale forte alla città ed a tutti coloro che sono vittime della criminalità organizzata e che in questi giorni, forse, si sentono un po’ meno sicuri.
In questi giorni ho fatto quache domanda ad uno dei responsabili, cercando di capire com’è andata l’iniziativa, qual è stato il ritorno mediatico e la situazione attuale in merito alla presenza della criminalità organizzata sul territorio. Mi ha raccontato che i partecipanti sono stati un centinaio, data la tempistica (è stato organizzato in poco più di 24 ore e alla vigilia del Ferragosto) sono soddisfatti del risultato. Erano presenti tanti giovani, ragazzi mai visti nelle iniziative passate. Inoltre è stata un’occasione nella quale sono stati fatti interventi costruttivi. I quotidiani locali si sono interessati ed hanno scritto alcuni articoli in merito, assenti invece le televisioni (Sulla pagina Facebook della “Rete Antimafia Provincia di Brescia” si possono vedere gli articoli: sono trafiletti, rispetto al corteo del giorno prima lo spazio dedicato è stato minore n.d.a.). Lo scopo della vicenda, oltre alla sensibilizzazione sul tema “Mafie a Brescia”, è stato il seguente:
il nostro obbiettivo era cercare di far capire che a Brescia c’è un problema molto più grosso degli extracomunitari, della droga e della prostituzione. Non è normale che in una città così fortemente infiltrata dalla mafia dopo un episodio del genere si pensi che il problema sono gli spacciatori…
Sulle infiltrazioni criminali il dato di questi ultimi anni è ambivalente: da una parte sono emersi nuovi episodi e storie che confermano la cosa, dall’altra è cresciuta l’attenzione e anche nelle scuole si comincia a parlarne. La preoccupazione è forte ma, da parte della Rete, ci sono motivi per sperare in una nuova consapevolezza.
8. L’arresto.
Nella tarda serata di ieri arriva la notizia dell’arresto di due persone, un indiano e un pachistano. L’arresto è stato eseguito nella bergamasca, dove vivevano. Fino a quel momento le notizie non sono molto chiare, in quanto gli inquirenti hanno seguito le tracce trovate lavorando in silenzio e senza far trapelare nulla. Sorprende l’edizione online del “Giornale di Brescia” che prima li indica come assassini e poi ne scrive un altro, in cui parla di presunti assassini.
Nella conferenza stampa del mattino gli inquirenti chiariscono la situazione e lo stato delle indagini. Spiegano che i due arrestati, durante l’interrogatorio, hanno confessato il duplice omicidio. I due erano legati alle vittime in quanto avevano acquistato dai Serramondi il vecchio negozio che avevano alla Mandolossa, poi qualche anno dopo i coniugi ne hanno aperto un altro proprio di fronte al precedente. E’ stata rintracciata sia l’arma del delitto, abbandonata in un fosso, sia il motorino usato, di proprietà di uno degli arrestati. Inoltre sarebbero gli autori anche del tentato omicidio del dipendente albanese. Le indagini si concentreranno soprattutto sul movente, ancora tutto da chiarire. La Procura esclude legami con la criminalità organizzata. La notizia ha scatenato una ridda di commenti sui social, ecco una piccola cernita:
9. Conclusioni.
Alla fine di questo lungo ragionamento il bilancio che faccio è molto semplice. Sono morte due persone, protagoniste di un piccolo pezzo di storia della città. Conosciute e amate. Lavoravano in una zona con le sue difficoltà, i suoi problemi ma non certo il luogo mostruoso che hanno descritto in questi giorni. Quest’omicidio è stato il pretesto per portare avanti altre istanze, violente e xenofobe. Istanze che basano la loro forza sulla paura, sentimento legittimo che è parte della natura umana, e diventano altro. Vien da chiedersi se questo clima, visibile sul web come per strada, possa esplodere e trasformarsi in qualcosa di più pericoloso. Qualche segnale c’è.